Il 20 giugno è la giornata mondiale del rifugiato, l’appuntamento annuale voluto dalle Nazioni Unite per riconoscere la forza, il coraggio e la perseveranza di milioni di persone costrette a fuggire nel mondo a causa di guerre, violenza, persecuzioni e violazioni dei diritti umani.
A partire dal 2018 IPSIA è intervenuta nell’ambito della migrazione lungo la Balkan Route, nello specifico in Bosnia Erzegovina, con interventi umanitari che di supporto psico-sociale mantenendo una forte attenzione al tema dell’inclusione nella comunità locale, alla sensibilizzazione delle giovani generazioni, la promozione del volontariato, in linea con quanto da sempre fatto in questo contesto. A maggio si è tenuta una mostra interattiva nell’ambito del progetto “BRAT: Balkan Route Accoglienza in Transito”, si che si concluderà tecnicamente però solo a fine dicembre 2025.
In occasione della giornata mondiale del rifugiato, vi raccontiamo con le parole di Sofia e Benni (personale SCU in BiH) un’iniziativa importante, oggi più che mai.
Mercoledì 14 Maggio 2025, i capannoni dell’ex fabbrica Kombiteks, a Bihać, hanno tutta una nuova energia al loro interno. Sin dalla mattina, il team IPSIA al completo si adopera per allestire lo spazio ancora vuoto: appendono foto, trasportano pannelli esplicativi della rotta balcanica da una parte all’altra della stanza, sistemano rami secchi per riprodurre la foresta bosniaca e croata sul confine, fanno le ultime prove tecniche dei suoni e gli altri effetti speciali per le varie postazioni. C’è un bel fermento, ci si prepara infatti per la grande apertura della mostra interattiva che celebrerà la fine del progetto triennale BRAT – Balkan Route: Accoglienza in Transito.
Per l’occasione, il team di IPSIA ha organizzato una riproduzione di quello che è stato il viaggio migratorio di una ventina di persone realmente incontrate negli spazi del Social Cafè dentro i campi di transito di Lipa e Borici. Marocco, Bangladesh, Iran, Afghanistan, Somalia, Palestina. Ad ogni visitatore della mostra è stata consegnata una di queste storie, che li ha poi guidati dai paesi di provenienza attraverso le varie tappe di questo viaggio migratorio. La partenza è la Turchia, raggiunta con “l’aiuto” di trafficanti senza scrupoli, dove hanno fatto esperienza dello sfruttamento lavorativo e della mancanza di diritti in quanto persone senza documenti validi all’interno del paese. Nella seconda tappa attraversano il mediterraneo su un gommone pieno di gente, dopo che il trafficante in carico di questa tratta si è assicurato di prendere tutti i loro soldi ed effetti personali, per poi risalire a piedi fino al nord della Bosnia. Qui incontrano la riproduzione di uno squat allestito dentro una tenda, circondato da fotografie scattate negli anni del progetto BRAT che mostrano le reali condizioni degli squat intorno a Bihać e del campo di Borici prima della ristrutturazione. Una volta superata questa parte arrivano ad un punto di registrazione dentro un campo di transito, il campo di Lipa. Ogni persona riceve un ID Card che li rappresenterà all’interno del campo. Con questa ID diventi un numero, e solo con questo numero potrai avere diritto a un posto in un container da sei persone, al cibo della mensa e alle cure di un medico. L’ID card ti serve anche per poter prendere giochi da tavola, forbici e kit da cucito presso il Social Café di IPSIA, unico spazio di svago all’interno del campo che permette alle persone di prendere un breve sospiro di sollievo prima del tentativo del game, ossia l’attraversamento del confine croato, dove la polizia di frontiera esercita violenza e respingimenti illegali su chi cerca di varcare le porte dell’Europa.
Il viaggio è lungo, pericoloso ed estenuante, e solo alla fine i partecipanti possono leggere il finale delle storie che gli sono state consegnate all’inizio del percorso. La maggior parte di loro è riuscito ad arrivare in Europa e si è trovato di fronte alle difficoltà e mancanze del sistema di accoglienza, qualcun altro è rimasto bloccato in un paese di mezzo di questa rotta balcanica o peggio, ha perso la vita in una di queste tappe.
Numerose sono le persone che dalla Bosnia Erzegovina e dall’Italia sono venute per partecipare alla mostra per informarsi sulla rotta balcanica e provare a mettersi nei panni di una di queste storie. Sono stati diversi i commenti positivi che si sono susseguiti: qualcuna è rimasta colpita, qualcun’altra ha appreso nuovi fatti e dati sulla rotta balcanica; molte ne riparleranno in seguito, contribuendo a raggiungere una maggiore consapevolezza su quello che accade ai confini dell’Europa.