Lo scorso febbraio Marco Calvetto, neo eletto presidente di IPSIA, ha partecipato a una missione di monitoraggio in Kenya all’interno del progetto “Coltivare il futuro”, cofinanziato dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. La missione è stata un’occasione per visitare diverse iniziative implementate da IPSIA in diverse aree del paese a partire dal 2015. Riportiamo qui le sue riflessioni relative agli incontri svolti, accompagnato dal referente di area Luca Piazzi e alla rappresentante paese Giulia Dal Bello.
Il Kenya è stato il mio primo viaggio da neo presidente apprendista di Ipsia. Un viaggio di formazione e di prime riflessioni sulle prospettive e il ruolo che può interpretare Ipsia in un contesto per molti versi differente da quelli che tradizionalmente si riconducono alla storia e alla consolidata esperienza dell’ONG.
In Kenya Ipsia è presente in modalità differenti da 8 anni, anche se i primi contatti con il paese sono stati avviati nel 2005. Anni importanti perché attraverso il lavoro prezioso dei volontari, dei cooperanti, del personale locale, si è accumulata una conoscenza approfondita del contesto economico, sociale e culturale del Paese e si è restituita un’immagine di affidabilità e serietà che oggi ci perette di vantare una solida credibilità nei confronti di realtà associative, istituzionali, accademiche e produttive, ma soprattutto delle molte persone con cui si è collaborato. Gli incontri con le realtà associative, con le cooperative, con le comunità mi hanno restituito questa immagine positiva delle relazioni fiduciarie che si è stati in grado di costituire. Un’immagine vera di cooperazione, intesa come riconoscimento e rispetto dei diversi ruoli e come consapevolezza della responsabilità condivisa nell’ideare, progettare e gestire azioni che possano incidere effettivamente e continuativamente sulla vita delle comunità e delle persone. Un metodo di operare che sostanzia le finalità di chi intende agire per rimuovere le disuguaglianze che impediscono alle persone di realizzarsi pienamente e liberamente, a cominciare dalla “dipendenza” dai donor.
Attraversare le strade del Kenya rimanda immagini di paesaggi molto differenti che progressivamente, andando verso la Regione di Laikipia, diventano sempre più aridi. Scenari in cui la savana si trasforma oltre che per la scarsità d’acqua anche per la sempre maggiore imprevedibilità dei fenomeni piovosi. In queste realtà la capacità di adattamento al contesto ambientale, la necessità di ridefinire l’equilibrio fra uomini, animali, vegetazione e fonti energetiche sono sfide quotidiane, non ipotesi lontane e pessimistiche.
Da anni Ipsia accompagna lo sviluppo delle filiere agroalimentari di queste zone attraverso il sostegno alla creazione di impresa, all’individuazione di nuove modalità produttive, alla commercializzazione dei prodotti per arrivare ad investimenti in forme energetiche alternative. Ascoltando le storie di chi coltiva il karkadè, delle cooperative di raccolta e prima trasformazione del latte, delle comunità che si impegnano nell’utilizzo e nella trasformazione dell’opuntia, un cactus infestante ormai estremamente diffuso nella zona a scapito dei pascoli, ci si rende conto di quanto la collaborazione e la sinergia instaurate siano una vera azione politica nel senso lato e forse più vero del termine.
L’azione di Ipsia non si può ascrivere ad un semplicistico aiuto teso a garantire il mantenimento delle comunità nei limiti della sopravvivenza, quanto in un processo che ha come sue finalità la costruzione di condizioni di vita e di lavoro dignitose e soprattutto l’individuazione condivisa di forme di produzione e di utilizzo delle risorse naturali capaci di ridisegnare gli insediamenti umani in contesti ambientali profondamente depauperati.
Le soluzioni individuate e sperimentate rappresentano una risposta e una prospettiva ormai anche per le nostre latitudini. Cambia l’intensità di alcuni fenomeni, meno le ragioni scatenanti, trovarne insieme possibili soluzioni o proposte per garantire situazioni di vita degne e sostenibili nel contesto è la sfida che unisce ormai tutti in una situazione di assoluta parità. Per questo tornando dal Kenya non ho potuto fare a meno di pensare, fra il provocatorio e il retorico, che non potrà che essere da qui che di nuovo partirà il futuro dell’Homo sapiens.