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Quale sovranità alimentare per l’Africa?
17
Feb
2023

Quale sovranità alimentare per l’Africa?

La partita sul futuro e l’autodeterminazione si gioca in Senegal

Al Summit di Dakar sulla sovranità alimentare e la resilienza in Africa – tenutosi dal 25 al 27 gennaio nella capitale del Senegal – 34 capi di stato e di governo africani hanno concordato un obiettivo chiaro per il futuro: promuovere una agricoltura industriale che possa aumentare la produttività agricola e alimentare il continente.

Per i partecipanti al Summit di Dakar – co-organizzato dal governo senegalese insieme alla Banca Africana per lo Sviluppo – l’ostacolo alla sovranità alimentare in Africa rimane la ridotta produttività agricola. Si coltiva ancora troppo poco. Il potenziale per aumentare la produzione esiste ma occorre ampliare la superficie di terre coltivate, introdurre nuove tecnologie e favorire gli investimenti al fine di ridurre le importazioni.

Eppure, le conclusioni del Summit sono state contestate da più di 80 organizzazioni che da anni, in Senegal come in molti altri paesi africani, promuovono paradigmi alternativi di sviluppo agricolo fondati su pratiche agroecologiche e valorizzazione del sapere locale. Per le organizzazioni, il vertice svuota di senso il concetto di sovranità alimentare.

Fra i principali ambiti di azione di IPSIA in Senegal fin dal 2015 – proprio nel programma Alimentare lo sviluppo tuttora in corso – la sovranità alimentare è il diritto dei popoli ad alimenti nutritivi e culturalmente adeguati, accessibili, prodotti in forma sostenibile ed ecologica, ed il diritto di poter decidere il proprio sistema alimentare e produttivo.

La definizione ha più di 26 anni e risale al 1996, quando l’associazione contadina La Via Campesina lanciò il termine, opponendosi alle conseguenze nefaste della globalizzazione delle grandi imprese e delle istituzioni del mercato per rimettere il potere nelle mani delle persone che producono, distribuiscono e consumano cibo.

A seguito del Summit, diverse organizzazioni della società civile hanno in particolare criticato la proposta di aumentare la produttività attraverso l’espansione delle aree dedicate alla coltivazione. Il rischio è un accaparramento di terre a discapito dei contadini che le coltivavano.

Altra critica ha riguardato l’uso di sementi ibride. Lo scorso giugno, è stata proprio l’Assemblea nazionale senegalese a votare una nuova legge – denominata legge sulla Biosicurezza – per permettere l’introduzione di sementi OGM nel paese, come innovazione per lottare contro il cambiamento climatico. Il Summit ha ribadito il supporto a queste sementi, soprattutto per il mais ibrido ritenuto più efficiente per un minor bisogno di acqua.

Chi si oppone sottolinea come queste politiche ostacolino la sovranità alimentare perché in contrasto al controllo, da parte dei piccoli produttori, della loro stessa produzione. “Il vertice, che promuove sementi resistenti ai cambiamenti climatici, altro non è che il mezzo utilizzato dalle multinazionali per creare un sistema di maggiore dipendenza alimentare per i paesi africani” ha affermato Amadou Kanouté, Direttore esecutivo dell’Institut Panafricain pour la Citoyenneté, les Consommateurs et le Développement (CICODEV).

Da anni IPSIA promuove la sovranità alimentare per lo sviluppo dei territori in cui interviene in Senegal. Nel mese di gennaio 2023, delle formazioni sulle pratiche agroecologiche sono state realizzate all’interno del progetto Alimentare lo Sviluppo per la valorizzazione delle risorse e conoscenze locali e il supporto ad un’agricoltura non dipendente da pesticidi e fertilizzanti chimici.

Il tema sarà ripreso anche all’interno del Global Social Economic Forum che si svolgerà a Dakar dall’1 al 6 maggio 2023 dove IPSIA, insieme al Comune di Milano e diverse organizzazioni della società civile locale e internazionale, organizzerà un atelier tematico sui sistemi alimentari resilienti, inclusivi e sostenibili a livello globale e locale. Il Senegal sarà nuovamente al centro di un confronto aperto fra i possibili modelli di risposta alle sfide poste da cambiamento climatico, urbanizzazione e disuguaglianze globali.

© Foto di Giacomo Scardellato

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