Il perdurare della siccità nelle regioni aride del Kenya
In molti ricordano ancora le immagini dell’estate scorsa quando il Po, il fiume più lungo d’Italia, a causa della siccità assomigliava ad un fiumiciattolo e si mostrava con scenari desertici.
Le immagini hanno creato scalpore e preoccupazione, così come la notizia del razionamento idrico in molti comuni del nord Italia e il livello dei bacini idrografici ai minimi storici sulle Apli. Tuttavia l’apprensione è durata poco, passati pochi mesi l’emergenza è rientrata e tutto è tornato apparentemente alla normalità, salvo il ripresentarsi di scenari allarmanti all’approssimarsi nella nuova estate.
Eppure in altre parti del mondo non funziona così, l’emergenza è la normalità. In questi luoghi la siccità è perenne, va avanti da anni e colpisce visibilmente il territorio e gli abitanti. Nel corno d’Africa si sta assistendo alla peggiore emergenza climatica degli ultimi 40 anni; la penuria di pioggia perdura ormai da almeno tre anni, portando alla fame milioni di persone e migliaia di animali.
Anche la contea di Laikipia, dove IPSIA opera da tre anni all’interno del programma Coltivare il futuro, è pesantemente colpita dagli effetti del cambiamento climatico. La contea è riconosciuta dal governo nazionale del Paese come zona ASAL (Zone aride e semi-aride) e dove l’emergenza è diventata “malattia cronica”. L’acqua, qui, è una risorsa scarsa e dipende fortemente dalle piogge. Anche attraversando il ponte che collega l’ufficio del nostro partner Laikipia Permaculture Centre e il vicino paese di Jua kali ci si può rendere conto di questo disastro. Il fiume è ora formato solo da pozzanghere che di giorno in giorno diventano sempre più piccole. L’unica fonte d’acqua per il villaggio si sta prosciugando.
Questo fattore minaccia la sicurezza alimentare delle persone rendendo sempre meno praticabili l’agricoltura e la pastorizia: le fonti di acqua scompaiono, il bestiame non sopravvive, il raccolto è scarso e non c’è acqua per uso domestico. Non ultimo, in una regione con 518,560 abitanti, di cui la maggioranza sono agricoltori o pastori, le poche risorse disponibile non fanno che esacerbare le tensioni già esistenti tra le comunità.
Proprio per combattere gli effetti del cambiamento climatico e mitigare i conflitti, il progetto Coltivare il futuro ha intrapreso azioni mirate a rendere possibile un costante accesso all'acqua da parte delle comunità. In sinergia con altri interventi della cooperazione tedesca e della Contea, sono state tentate diverse soluzioni tecniche: perforazione di pozzi a oltre 100 metri di profondità, dighe di sabbio, cisterne di raccolta dell’acqua dai pendii rocciosi.
Raccontiamo in particolare le sfide di due comunità, che nonostante i problemi e le difficoltà, collegate alla siccità non hanno desistito a continuare a provare a vivere e a coltivare nelle terre abitate da generazioni dai loro avi.
Il gruppo più colpito dalla siccità è quello di Naatum, che non riceve nemmeno una goccia di pioggia da più di un anno, rendendo difficile l'agricoltura. Qui la perforazione di un pozzo non ha dato gli esiti sperati, nonostante le indagini idrogeologiche, e anche a 200 metri di profondità non si è trovata acqua suffciente. La soluzione trovata è stata suggerita direttamente dall'ambiente circostante: da una collina. Se è difficile trovare acqua nel sottosuolo e se piove molto raramente, perché non incanalare la poca pioggia in cisterne, in modo da garantire una scorta d'acqua che possa durare per diversi mesi? Questo è esattamente ciò che è stato fatto. Sulla vicina collina rocciosa sono stati costruiti dei canali di cemento per raccogliere l'acqua piovana che confluisce nella cisterna appena costruita, con una capacità di 190m₃. Questo era il gruppo che aveva più difficoltà, ma grazie alla resilienza dei suoi membri e all'aiuto del Progetto, le donne sono ora in grado di praticare l'agricoltura e altre attività, anche durante parte delle stagioni secche.
Come Naatum, anche il gruppo Chui Mama deve affrontare una grave siccità nonostante si trovi sulle rive di un fiume. Il fiume, tuttavia, a causa dei cambiamenti climatici e di pratiche umane non sostenibili, è passato da permanente a stagionale, con una capacità di ritenzione idrica molto bassa.
In questo caso si è deciso di "proteggere" la poca acqua che fluisce nell’alveo del fiume dal sole, in modo da evitare l'evaporazione totale. L'acqua viene immagazzinata nel sottosuolo da sbarramenti che fermano la sabbia e l’acqua sottostante, rallentando quindi l’erosione del terreno e evitando che l’acqua scavi gallerie ancora a maggiore profondità.
Una donna di questi gruppi ha detto: "Durante la stagione secca, percorriamo 10 km in cerca di acqua e non è facile farlo a causa del rischio di attacchi da parte di animali selvatici. A volte si va al mattino e si torna a casa alle 14.00 senza acqua". I pozzi, le dighe di sabbia, la raccolta dell'acqua sui tetti e le cisterne di raccolta nella roccia hanno contribuito a ridurre queste distanze, dando maggiore sicurezza alle donne e alle ragazze, che culturalmente hanno la responsabilità di raccogliere l'acqua per la famiglia.
Il perdurare della siccità rischia di ridurre l’impatto di alcune soluzioni tecniche come le dighe e le cisterne, che hanno comunque bisogno di un minimo di piogge per accumulare risorse idriche. Tuttavia queste sperimentazioni coinvolgono le comunità nel tentativo di trovare soluzioni innovative, che diano speranza a quelle persone che, senza esserne responsabili, stanno subendo, per primi, i danni di questa catastrofe climatica.