Il racconto di Rosemary, attivista masai della comunità di Twala, nella giornata contro la violenza sulle donne
In Kenya, come in molti altri paesi del mondo, le mutilazioni genitali femminili (MGF) sono una pratica ancora socialmente diffusa e accettata, nonostante sia condannata come violazione dei diritti umani di donne e ragazze dalla comunità internazionale.
Spesso eseguite da circoncisori tradizionali senza anestetici e garanzie igieniche, sono fonte di problematiche a lungo termine che vanno a compromettere le naturali funzioni del corpo femminile, causando emorragie, tetano, infezioni, infertilità, aumento delle complicazioni durante il parto.
Le motivazioni di questa pratica cambiano di regione in regione e nel corso del tempo, ma in generale includono una serie di fattori socioculturali: spesso viene ritenuta un passaggio obbligatorio dall’età adolescenziale all’età adulta per le donne, ed è collegata al concetto ideale di bellezza e purezza femminile.
In Kenya la pratica della MGF è stata ufficialmente proibita dal 2011. Ciononostante, le donne che vivono nelle regioni rurali aride e semi-aride del paese sono ancora sottoposte a tale pratica. Donne e ragazze infatti sono soggette ad una forte pressione sociale che le obbliga a farsi circoncidere per non essere ripudiate dalla famiglia e dalla comunità in cui vivono.
Rosemary Nenini, la manager del gruppo di donne masai di Twala coinvolte nel progetto Coltivare il Futuro, ci racconta la sua esperienza: “Noi viviamo nelle zone aride e semi-aride del Kenya, nessuno è qui, la legge non funziona. Le ragazze e le donne sono sottoposte a cose terribili. Le ragazze non vanno a scuola, sono sottoposte alla MGF e ai matrimoni precoci… Per questo è molto difficile dire di no in certe zone”.
Il gruppo di donne di Twala da anni lotta conto questa pratica. Twala è un gruppo di donne nato nel 2007 che ad oggi conta più di 200 socie. Grazie alla donazione della comunità di 40 acri di terra, il self-help group riesce a creare opportunità di lavoro per i propri membri, promuovendo così l’empowerment femminile, essenziale per contrastare l’MGF. Il progetto Coltivare il Futuro da due anni aiuta questa comunità attraverso lo sviluppo della filiera dell’aloe e del miele per accrescere il reddito delle donne e permettere a quest’ultime di essere più indipendenti.
Durante la giornata contro la violenza contro le donne è importante sostenere le battaglie come quella di Rosemary e del gruppo di Twala. Rosemary, che ha vissuto il dramma di essere vittima di MGF, combatte all’interno della propria comunità per dire NO a tale pratica sulle bambine. Grazie al suo impegno è riuscita a salvare diverse bambine e ragazze. Con la comunità di Twala ha stipulato un accordo per cui le ragazze dovrebbero avere la possibilità di aspettare fino alla fine delle scuole superiori e poi autonomamente decidere se sottoporsi a tale pratica. Grazie a tale accordo, le ragazze hanno l’opportunità di andare a scuola ed essere educate sugli effetti negativi della MGF, in modo tale da avere la forza per dire di no, senza aver paura di essere ripudiate dalla comunità.
“Il motivo per cui ci siamo riunite come donne è quello di migliorare la nostra condizione di donne preservando la parte buona della nostra cultura e di dire NO ad alcuni aspetti dannosi. Uno di questi è la Mutilazione Genitale Femminile” racconta Rosemary. “Anche se è stato difficile all’inizio, quando vedo le ragazze che ho salvato diventare persone importanti mi sento molto fiera e questo mi dà la forza di continuare”. La battaglia di Rosemary non è finita, molto rimane ancora da fare per cambiare la comunità e dare la possibilità alle ragazze di avere il controllo sul proprio corpo.
L’educazione e il coinvolgimento delle generazioni più giovani sono la chiave per eliminare queste pratiche all’interno della società e per promuovere l’empowerment delle donne in queste zone.
“Non credo al fallimento.. Solo cosi potremo andare lontano, come donne, tutte insieme!”. Oggi il nostro contributo alla lotta di Rosemary vuole passare anche dalla condivisione delle sue parole, mentre continuiamo l’impegno quotidiano nelle iniziative che vogliono supportare il gruppo di Twala – insieme a tante altre comunità masai del Kenya – ad accrescere la propria capacità economica, per permettere alle donne di avere i mezzi per essere autosufficienti e combattere per i propri diritti.